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Galerija Rigo
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2015. spacer Ivona Verbanac
Paulina Jazviæ
Ljiljana Petroviæ, Aleksandar Kostiæ
Nika Radiæ


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Paulina Jazviæ
Vita perfetta
Paulina Jazviæ, Vita perfetta
20. VI. - 19. VII.
Galerija - Galleria Rigo
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Inaugurazione della mostra: 20 giugno 2015 alle ore 20

Nella mostra intitolata Vita Perfetta vengono presentate tre installazioni che, sebbene siano nate in un intervallo temporale di dieci anni, nell'insieme danno vita ad un'unica unità tematica. Opere quali Fashion Talks, Diario di ragazzine e Piccole Donne, dal nome inconfondibile, ma allo stesso tempo dal significato simbolico e a più livelli interpretabile, rappresentano un vero e proprio statement dell'autrice, così come la sua reazione ai vari fenomeni presenti nella società contemporanea. Il filo conduttore di tutti i suoi lavori è Barbie, la bambola più popolare al mondo, un giocattolo dalla forte impronta sociologica e psicologica. Barbie risulta essere il medium con cui Paulina comincia a parlare della sua visione della realtà sociale, della globalizzazione, della società consumistica e del tentativo di omologazione dell'uomo agli schemi imposti dalla società. Se da una parte questa icona di moda per bambini invia un messaggio ben chiaro - suggerisce, infatti, un determinato aspetto fisico e un ruolo al quale è auspicabile ambire qualora si voglia avere successo ed essere socialmente accettati - Paulina, dall'altra, materializza il messaggio di Barbie traducendone letteralmente l'idea di adeguamento a quelle norme comportamentali a cui ambisce generalmente la società. Non c'è da stupirsi, quindi, che abbia sistemato le bambole in cornici IKEA di colore bianco, unificate e prodotte su scala industriale, le quali non solo costituiscono uno degli innumerevoli prodotti da catalogo dell'attualissimo brand Svedese, ma rendono anche le nostre case tutte uguali contribuendo alla perdita di identità degli spazi intimi in cui abitiamo...

Vilma Bartoliæ. Vita perfetta - catalogo della mostra

Biografia

Paulina Jazviæ nasce a Zagabria nel 1973.
Allieva del Prof. ©utej, nel 2001 ha conseguito il Diploma di Laurea presso l'Accademia delle Arti Figurative di Zagabria, indirizzo Grafica.
Nel 1995 si è laureata in Design dei Vestiti e dei Tessuti presso la Facoltà per la Tecnologia del Tessile di Zagabria.
Ha esposto in 70 mostre collettive e in 35 personali.
Docente presso la Facoltà per la Tecnologia del Tessile, insegna Realizzazione di capi d'abbigliamento al Corso di Laurea in Design dei Vestiti e dei Tessuti.
Membro della Società Croata degli Artisti Figurativi (HDLU).

Benvenuti

Paulina Jazviæ, Vita Perfetta

Il Curriculum Vitae di Paulina Jazviæ ci fa scoprire un'artista in grado di materializzare il suo impulso creativo in diversi media apparentemente antitetici tra loro: pittura, disegno, grafica, tutti mezzi espressivi che nelle arti figurative contemporanee trovano una loro esplicazione, per così dire, nelle modalità espressive tradizionali, nelle rappresentazioni ambientali e nelle installazioni realizzate con oggetti ready made. I diversi media impiegati nei suoi lavori non sono sinonimo di esitazione o sperimentazione autoriale, tanto meno ricerca di una forma espressiva che meglio si addica alla sua sensibilità figurativa. Anche perché esitazione e incertezza non sembrano appartenere a Paulina Jazviæ, che in modo del tutto sicuro, ma allo stesso tempo diretto e discreto, già nelle sue primissime realizzazioni artistiche ha mostrato di possedere una personale estetica figurativa, rimasta coerente anche nelle sue più recenti creazioni. Dal punto di vista concettuale, l'interesse per la realtà sociale e la reazione ai fenomeni sociologici con cui si confronta nella vita di tutti i i giorni costituiscono la base di ogni suo lavoro.

Nella mostra intitolata Vita Perfetta vengono presentate tre installazioni che, sebbene siano nate in un intervallo temporale di dieci anni, nell'insieme danno vita ad un'unica unità tematica. Opere quali Fashion Talks, Diario di ragazzine e Piccole Donne, dal nome inconfondibile, ma allo stesso tempo dal significato simbolico e a più livelli interpretabile, rappresentano un vero e proprio statement dell'autrice, così come la sua reazione ai vari fenomeni presenti nella società contemporanea. Il filo conduttore di tutti i suoi lavori è Barbie, la bambola più popolare al mondo, un giocattolo dalla forte impronta sociologica e psicologica. Barbie risulta essere il medium con cui Paulina comincia a parlare della sua visione della realtà sociale, della globalizzazione, della società consumistica e del tentativo di omologazione dell'uomo agli schemi imposti dalla società. Se da una parte questa icona di moda per bambini invia un messaggio ben chiaro - suggerisce, infatti, un determinato aspetto fisico e un ruolo al quale è auspicabile ambire qualora si voglia avere successo ed essere socialmente accettati - Paulina, dall'altra, materializza il messaggio di Barbie traducendone letteralmente l'idea di adeguamento a quelle norme comportamentali a cui ambisce generalmente la società. Non c'è da stupirsi, quindi, che abbia sistemato le bambole in cornici IKEA di colore bianco, unificate e prodotte su scala industriale, le quali non solo costituiscono uno degli innumerevoli prodotti da catalogo dell'attualissimo brand Svedese, ma rendono anche le nostre case tutte uguali contribuendo alla perdita di identità degli spazi intimi in cui abitiamo. L'autrice presenta in maniera illustrativa che cosa è successo alle Barbie una volta “ficcata” in delle cornici: la bella bambola di una volta si è trasformata in un giocattolo grottesco dalle estremità rotte. Paulina Jazviæ, in conclusione, non fa altro che osservare la devianza del mondo consumistico servendosi di una buona dose di umorismo, spesso anche di ironia, consapevole del fatto che il mondo non può cambiare ed è lungi da lei un qualsiasi tentativo in tale direzione. L'unica cosa che le rimane da fare è di mostralo così come si presenta in determinate manifestazioni sociali dalle quali, inevitabilmente, non può che prendere le distanze.

La riflessione sulle forme di comportamento socialmente accettabili viene problematizzata anche nell'opera Diario di ragazzine. Nel ricordare, non privi di una buona dose di nostalgia, i giorni della scuola elementare, richiamiamo alla memoria i quaderni decorati chiamati Diario, che non solo contenevano le domande più disparate, da quelle di carattere informativo e formale a quelle di natura più intima e intrigante, ma anche  nei quali davamo e cercavamo risposte. Questi Diari, così come la Barbie, sono oggetti dotati di una ben precisa connotazione psicologica nel mondo dei bambini: il numero degli amici annotati e il numero dei quaderni da riempire presi in prestito sono, infatti, proporzionali alla popolarità del singolo nella collettività, ed essere accettati dalla collettività ricopre un ruolo particolarmente importante nella fase della crescita. E non solo allora… Anche da adulti si tende a questa ricerca di accettazione.

Quando parliamo dei lavori di Paulina non si può  trascurare il suo percorso formativo.  Dobbiamo sempre tenere ben in mente che oltre ad aver conseguito la laurea in Grafica si è laureata anche in Design dei Vestiti e dei Tessuti. La sua affinità per il design, la materialità e la testura degli oggetti, seppur manifestata in modo molto eccentrico, ma pur sempre trasparente, è facilmente rintracciabile in Diario di ragazzine. L'opera si compone di sei parti, nello specifico, sei ripiani per torte sui quali l'autrice ripone oggetti d'uso che colleziona regolarmente e che accumula al fine di poterli successivamente riutilizzare e sistemare  in contesti differenti, facendogli, così, assumere anche un significato diverso. Tutti questi oggetti si distinguono per la loro testura e fragilità: si va dal fragile lacrimatoio in vetro o da dei guanti in seta, passando per dell'eccentrica carta stropicciata, fino ad arrivare al più delicato tarassaco, meglio conosciuto come dente di leone o soffione. Un tipo di fiore, questo, che conserva tutta la sua integrità fino al momento in cui viene toccato, tant'è vero che basta un solo tocco per  metterne in pericolo l'esistenza. Non c'è da meravigliarsi, dunque, nel vedere l'autrice ricoprire questi oggetti così sensibili con una campana di vetro, il cui richiamo simbolico rimanda palesemente  alla nostra realtà e all'interrogativo se è possibile, sotto di essa, rimanere incontaminati, isolati e protetti dall'ambiente in cui viviamo.

Nell'installazione Piccole Donne la bambola Barbie, riprodotta in innumerevoli copie, priva di vestiti o di qualsiasi altro attributo che ne definirebbe lo status immaginario e sociale, si trasforma in una spersonalizzata, denudata e per questo fragile piccola donna, con tutte le sue debolezze, fragilità e sincerità. Caratteristiche, queste, indesiderate e inammissibili per quel ruolo di vita perfetta che siamo spesso costretti a recitare nella quotidiana lotta per la sopravvivenza. Questo lavoro, come l'intero opus figurativo di Paulina Jazviæ, è scritto in prima persona, ragion per cui l'autrice non nasconde di osservare le cose da una prospettiva femminile e di apportare, pertanto, una sua visione femminile del mondo.

Vilma Bartoliæ
 
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